domenica 28 febbraio 2010
Ecco cosa si sta preparando contro il Venezuela. Tratto da www.resistenze.org
fonte: http://www.jornada.unam.mx/2010/02/18/index.php?section=mundo&article=024a1mun
Traduzione a cura della redazione di www.lernesto.it
* Ángel Guerra Cabrera, giornalista cubano, scrive sul giornale messicano La Jornada
La lunga e intensa guerra mediatica contro il Venezuela è entrata in una fase delirante in cui appare abissale la distanza tra ciò che realmente avviene nel paese e ciò che pubblicano i consorzi mediatici. Chi giudichi il Venezuela esclusivamente in base a quello che pubblicano costoro, arriva alla conclusione che è uno Stato “fallito”, in cui è giustificabile qualsiasi cosa, anche il golpe militare, l’assassinio del presidente, un intervento armato straniero o tutti questi “rimedi” insieme. E proprio questo il senso comune che cercano di trasmettere questi editori. E il fatto è che i grandi media degli Stati Uniti, della Spagna e di altri paesi della NATO, dei membri della Società Interamericana di Stampa e delle catene elettroniche latinoamericane diffondono un immagine così distorta della realtà venezuelana in modo tale che nessuno possa credere che la nazione così descritta sia la stessa in cui una decina di multinazionali – tra esse Chevron e Repsol – decidano di investire 80 mila milioni di dollari per iniziare operazioni in un settore della Falda Petrolifera dell’Orinoco, la stessa in cui una maggioranza storicamente emarginata gode oggi di tutti i diritti, dove esiste una solida popolarità del presidente e la fiducia nel suo governo, che si esprime nella stabilità politica o in marce multitudinarie come quella del 23 gennaio. Poco tempo fa il veterano dei giornalisti venezuelani Eleazar Díaz Rangel si chiedeva da dove la rivista Newsweek avesse potuto attingere le informazioni che prevedono per quest’anno qualcosa di così strampalato come il rovesciamento di Hugo Chávez per mezzo di un golpe militare.
Ma l’assalto contro Caracas all’estero non è solo mediatico, per quanto importnate sia tale componente della strategia antivenezuelana degli Stati Uniti. Esso si manifesta su molti fronti e comprende piani di intelligence, sovversione e aggressione militare a cui partecipano il Dipartimento di Stato, il Comando Sud delle forze armate di questo paese, per non parlare della “comunità dell’intelligence” agli ordini dell’ammiraglio Dennis Blair, dell’oligarchia, del governo colombiano, più o meno apertamente dei governi e delle forze politiche di destra dentro e fuori l’America Latina e, naturalmente, della controrivoluzione interna.
La controrivoluzione interna è più che necessaria per offrire l’immagine di una società insubordinata, di un paese ingovernabile e per realizzare operazioni di spionaggio e sovversione da parte dei servizi speciali statunitensi e alleati. Ma l’usura e il discredito della controrivoluzione interna ha costretto Washington a cercare reclute tra gli studenti della classe media che sono stati addestrati alle tecniche delle rivoluzioni colorate con fondi dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID nella sigla inglese) e della National Endowment for Democracy, entrambe coperture della CIA. Ma ormai anche questo gruppo ha perso la sua forza iniziale e la impressionante marcia dei giovani bolivariani di pochi giorni fa a Caracas ha disattivato le azioni criminali che erano state avviate, non lasciando alcun dubbio sull’appoggio al governo da parte del settore giovanile.
Sia per la rivoluzione che per la controrivoluzione la battaglia più importante di quest’anno è rappresentata dalle elezioni legislative del 26 settembre. Ma la controrivoluzione, che - a parte l’odio per Chavez – è divisa, è attraversata da una feroce disputa in merito alle candidature e, soprattutto, non ripone fiducia nella possibilità di poter impedire ai bolivariani di conquistare i due terzi dei seggi all’Assemblea Nazionale, necessari per mantenere il corso rivoluzionario. E’ il dominio elettorale del chavismo che inevitabilmente porta la controrivoluzione, in preda alla disperazione, a coltivare la tentazione del golpe. Ciò spiega i tentativi di gettare su Chavez la colpa dei problemi nell’approvvigionamento di acqua ed elettricità dovuti ad una grande siccità, mentre è evidente che il governo sta affrontando con grande energia la questione, soprattutto dopo l’insediamento di Alí Rodriguez, uno dei suoi migliori quadri.
Ma per avere un’idea di ciò che si sta preparando contro il Venezuela, nulla è più eloquente della presentazione al Congresso di Washington da parte dell’ammiraglio Blair del Rapporto Nazionale sull’Intelligence: “In Venezuela, Bolivia e Nicaragua leader populisti…si sono uniti per respingere l’influenza degli Stati Uniti…nella regione. Il presidente del Venezuela… si è rivelato come uno dei principali detrattori degli Stati Uniti a livello internazionale…” Se questo è ciò che dicono pubblicamente…
1 marzo accanto ai migranti " Una giornata senza di noi"
«Primo Marzo 2010, una giornata senza di noi è un collettivo non violento che riunisce persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico.
Siamo immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano.
Siamo consapevoli dell'importanza dell'immigrazione (non solo dal punto di vista economico) e indignati per le campagne denigratorie e xenofobe che, in questi ultimi anni, hanno portato all'approvazione di leggi e ordinanze lontane dal dettato e dallo spirito della nostra Costituzione.
Condanniamo e rifiutiamo gli stereotipi e i linguaggi discriminatori, il razzismo di ogni tipo e, in particolare, quello istituzionale, l'utilizzo stumentale del richiamo alle radici culturali e della religione per giustificare politiche, locali e nazionali, di rifiuto ed esclusione.
Ricordiamo che il diritto a emigrare è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che la storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. La violazione di questo e di altri diritti fondamentali danneggia e offende la società nel suo complesso e non solo le singole persone colpite.
Vedere negli immigrati una massa informe di parassiti o un bacino inesauribile di forza lavoro a buon mercato rappresentano, a nostro avviso, impostazioni immorali, irrazionali e controproducenti. La parte preponderante degli immigrati presenti sul territorio italiano lavorano duramente e svolgono funzioni essenziali per la tenuta di una società complessa e articolata come la nostra. Sono parte integrante dell'Italia di oggi.
La contrapposizione tra «noi» e «loro» , «autoctoni» e «stranieri» è destinata a cadere, lasciando il posto alla consapevolezza che oggi siamo «insieme», vecchi e nuovi
cittadini impegnati a mandare avanti il Paese e a costruirne il futuro.
Vogliamo che finisca, qui e ora, la politica dei due pesi e delle due misure, nelle leggi e nell'agire delle persone.
Il nostro primo obiettivo è organizzare per il 1° marzo 2010 una grande manifestazione non violenta dal respiro europeo, non solo con la Francia che con la Journée sans immigrés, 24h sans nous ci ha ispirato, ma anche con la Spagna, la Grecia e gli altri Paesi che si stanno viavia attivando. Vogliamo stimolare insieme a loro una riflessione seria su cosa davvero accadrebbe se i milioni di immigrati che vivono e lavorano in Europa decidessero di incrociare le braccia o andare via.
Il 1° marzo faremo sentire la nostra voce in modi diversi, che saranno definiti, di concerto con i comitati territoriali, in base alla concreta praticabilità e all’efficacia.Non ci precludiamo nessuno strumento, ma agiremo sempre nel rispetto della legalità e della non violenza».
sabato 27 febbraio 2010
Per la Rai Mills è stato assolto
La notizia è di quelle che lascia sbigottiti: secondo Raiuno, uno dei telegiornali più visti, il sig. Mills sarebbe stato assolto. Lungi da me tediare oltremodo i lettori con un nuovo pistolotto sul caso Mills, mi limiterò a dire che la incauta frase del giornalista RAI non corrisponde assolutamente a verità. Mills è stato condannato ma prescritto, cosa ben diversa. Del resto che i nostri politici, giornalisti, addetti ai lavori, facciano un pò di confusione nell'interpretare le sentenze giuridiche non ci sorprende più di tanto. L'ennesima mistificazione della verità dunque, con una frase gettata lì tra un servizio su Sanremo e un altro sulla nuova moda in tavola degli italiani.
Questa Italia ci fa sempre più vergognare.
Terremoto in Cile, Santiago al buio.
Dovrebbero essere circa 78 le vittime sinora accertate del violento sisma che ha colpito il Cile. Si prevedono onde anomale in tutto il Centro America e la capitale, Santiago è al buio.La scossa è stata fortissima e l'areoporto della città rimane chiuso con il presidente cileno che ha consigliato ai cittadini di non viaggiare in macchina. Allertata la Farnesina ora si attendono nuove scosse di assestamento.
Intanto nella città di Concepcion, epicentro della tragedia, molti edifici sono crollati. Anche l'Isola di pasqua sarebbe a serio rischio di Tsunami.
La guerra del Darfur è finita???
Il conflitto del Darfur fa parlare di sé ormai da parecchio tempo, e ormai l'opinione pubblica mondiale si è quasi assuefatta alle notizie tragiche provenienti dal teatro di guerra. Forse però, in questi giorni potrebbe essere sopraggiunta una svolta significativa che potrebbe cambiare finalmente il corso degli eventi in positivo per tutto il Darfur.
"La guerra nel Darfur è finita": con queste parole il presidente del Sudan Omar al-Bashir ha terminato un importante discorso tenutosi a El-Facher, capitale della regione più insanguinata dagli scontri della guerra del Darfur. Bisognerà ora capire quanto questa affermazione perentoria aderisca alla realtà dei fatti, tuttavia alcuni elementi portano a dover prendere sul serio le parole del presidente del Sudan.
La guerra del Darfur ha provocato circa 450mila morti (cifra del tutto aleatoria) e almeno un milione di profughi, e la sua fine si dovrebbe, almeno a quanto ci dicono le fonti, alla mediazione tra i tanti anche della Comunità di Sant' Egidio. Il dato di fatto che spinge con ottimismo i più a parlare di fine delle ostilità è l'accordo siglato nel Qatar, nella capitale Doha, tra il JEM (Giustizia e Uguaglianza) uno dei gruppi ribelli, e il governo sudanese.
Ad aiutare a creare il clima adatto alla pace sarebbe stata la scarcerazione e la grazia ottenuta da 57 combattenti del JEM da parte del governo di Khartum. Anche in vista delle elezioni di aprile 2010 e del referendum del gennaio 2011 che deciderà sulla richiesta di indipendenza del sud del paese, Omar al Bashir su cui pende un mandato di cattura da parte della Corte del Tribunale internazionale dell'Aja, ha pensato bene di spingere per una pacificazione che potrebbe permettergli di prepararsi alle tornate elettorali con maggiore potere e serenità.
L'importanza del referendum è esiziale in quanto dal suo esito potrebbe venire sancita la divisione territoriale del Sudan e dunque la creazione di una nuova entità statuale; considerato che la parte meridionale del Sudan è quella più ricca di materie prime e di petrolio è facile rendersi conto dell'importanza che rivestirà tale situazione nell'immediato futuro di questo sfortunato paese. Più che di pace vera e propria sarebbe dunque per il momento più appropriato parlare di tregua, anche se ovviamente la speranza è si possa giungere al più presto ad una vera pacificazione in tutta la regione
martedì 23 febbraio 2010
Mobilitazione dei comunisti greci contro la Conferenza della Nato di Salonicco
Il 19 febbraio, nella città greca di Salonicco si è svolta, per iniziativa della NATO, una Conferenza che ha riunito diplomatici e specialisti di diversi paesi, con il proposito di trarre un primo bilancio dei risultati dalla messa in pratica, nei paesi dell’Europa sud orientale, della nuova Concezione Strategica adottata dall’Alleanza Atlantica.
L’avvenimento ha suscitato la vibrata protesta del Partito Comunista di Grecia (KKE), che si è mobilitato per l’occasione, convocando una grande manifestazione (vedere le foto) che ha visto la partecipazione di moltissimi militanti, in particolare giovani. A dimostrazione che in Grecia il movimento pacifista e antimperialista continua a svilupparsi - grazie soprattutto alla tenace iniziativa dei comunisti che non hanno mai abbassato la guardia - con un vigore e un’incisività che non hanno riscontro in molti altri paesi europei.
I manifestanti hanno “invaso” la sede in cui si stava svolgendo il forum della NATO, interrompendone i lavori e costringendo i delegati ad ascoltare le ragioni dell’opposizione alle politiche militariste e aggressive attuate dal blocco militare imperialista. Nel corso della spettacolare azione, mentre venivano ripetutamente scanditi slogan che chiedevano lo scioglimento dell’alleanza militare occidentale, decine di giovani hanno innalzato fotografie dei crimini commessi nel 1999 dalla NATO nel corso dell’aggressione contro la Jugoslavia.
Galleria fotografica: http://inter.kke.gr/News/2010news/2010-02-nato-conference
Golpe sventato in Turchia. Erdogan sotto shock
Circa 40 persone sono state arrestate nel corso di un operazione di sicurezza nazionale avvenuta in Turchia. A fare questa dichiarazione shock è stato il premier Erdogan nel corso della sua visita in Spagna.
Stando a quanto riportato dai giornali turchi gli arresti del tentato golpe sarebbero stato effettuati ai danni di una rete terroristica chiamata"Ergenekon", una rete segreta che avrebbe come scopo manifesto quello di destabilizzare il governo turco dall'interno.
Il piano messo a punto dalla rete terroristica prevedeva l'installazione di due ordigni di elevata potenza in due moschee di Istanbul, con il chiaro intento di fare intervenire la vicina Grecia mettendo Erdogan in una posizione difficile e di estrema debolezza.
La rete terroristica dell'"Ergenekon" avrebbe coinvolto più di 300 persone, ora sotto processo e sorvegliate dalle autorità turche. A far parte della rete suddetta molti membri delle forze armate, tra cui 10 ufficiali, un generale, e l'ex comandante dell'aviazione Ibrahim Firtina.
Ora tutti stanno a guardare come reagiranno le forze armate, forze armate che erano state accusate già nel 2004 in alcuni diari da Ozden Ornek (peraltro anche lui arrestato), di preparare un golpe militare.
La Turchia ora è sotto shock e soprattutto attende con impazienza di venire a conoscenza di ulteriori dettagli una volta che avranno avuto luogo i primi interrogatori degli arrestati. Fa specie in particolare che la rete segreta abbia pensato di coinvolgere anche un paese vicino come la Grecia e abbia concepito dei veri e propri attentati in grande stile.
Dal conto suo l'esercito per ora si trincera nel silenzio e i suoi portavoce ufficiali avrebbero anche annullato un viaggio da tempo organizzato in Egitto, segnale inequivocabile di un palpabile nervosismo.
lunedì 22 febbraio 2010
In Libano i passaporti europei fanno paura. Di Daniele Cardetta tratto da www.Nuovasocieta.it
Dopo l'assassinio a Dubai di un alto dirigente di Hamas avvenuto per mano di alcuni agenti israeliani con finti passaporti Ue, le autorità libanesi hanno stabilito che i titolari di passaporti europei dovranno sottoporsi a controlli speciali. A compiere l'omicidio di Mahmud al-Mabhouh sarebbe stato un commando del Mossad munito di cellulari e documenti provenienti da vari paesi dell'UE.
In Libano hanno paura che questo di Dubai non sia che il primo di una lunga serie, e il timore è proprio che agenti israeliani si intrufolino nel paese sfruttando documenti falsi europei. Intanto da Tel Aviv smentiscono, dichiarando la completa estraneità di Israele ai fatti che gli vengono contestati.
A Dubai però la pensano in modo assai diverso, anche perché la polizia locale avrebbe subito iniziato alcune indagini con solerzia le quali avrebbero portato le autorità a poter parlare apertamente del coinvolgimento del Mossad nell'omicidio. Avrebbe anzi negli ultimi giorni trovato ancora nuovi elementi che inchioderebbero Israele di fronte alle sue responsabilità, questo almeno stando a quanto riportato dal giornale arabo al bayan. Infine, gli undici killer del Mossad, sarebbero tutti partiti dall'Europa, e tre di loro sarebbero partiti proprio dall'Italia.
20 anni fa se ne andava il Presidente partigiano.
Era il 24 febbraio 1990 quando Sandro Pertini spirava all’età di 93 anni a Roma. Per ricordare e descrivere un personaggio di questa levatura qualsiasi scritto sarebbe oltremodo insufficiente essendo Pertini una di quelle personalità destinate a restare nella memoria vivente di un paese in eterno.
Pertini combattè entrambe le guerre del XX secolo da protagonista, combattè la Prima Guerra Mondiale sull’Isonzo e conseguì per meriti militari la medaglia d’argento al valor militare nel 1917. Soldato instancabile e amante del suo paese nel primo Dopoguerra aderì al Partito Socialista Italiano facendosi da subito segnalare per una netta e mai messa in dubbio ostilità nei confronti del fascismo. Conobbe anche il carcere, Sandro Pertini, quando Mussolini nel 1925 lo fece incarcerare per otto mesi e poi lo costrinse ad abbandonare l’amata patria per la Francia, dove trovò molti esuli antifascisti italiani ad attenderlo.
Per aver partecipato alla lotta antifascista all’estero fu arrestato nuovamente nel 1929 per essere rientrato in Italia sotto falso nome, e mandato al confino di polizia.
Per venire liberato dovette attendere sino al 1943, quando dopo la rovinosa caduta del fascismo riuscì a riguadagnarsi la libertà e a combattere attivamente a Porta San Paolo nella battaglia contro i tedeschi a Roma. La sua vita avventurosa lo portò con Pietro Nenni a ricostruire il PSI e a essere poi catturato dalle SS e condannato a morte; solo un pronto intervento dei GAP riuscì a trarlo in salvo.
Partecipò quindi attivamente alla guerra partigiana entrando a far parte del CLN e organizzando in prima persona l’insurrezione di Milano del 25 aprile 1945; prese parte altresì alla votazione del decreto per la messa a morte del Duce e conseguì per i suoi atti di eroismo nella Resistenza la medaglia d’oro al valor militare.
Il Pertini-partigiano una volta restituita l’Italia alla libertà e alla democrazia prenderà parte all’Assemblea Costituente iniziando un percorso nelle istituzioni altrettanto luminoso che quello percorso come soldato in gioventù. Dal 1968 al 1976 si fa segnalare come Presidente della Camera dei Deputati e nell’8 luglio 1978 vede premiati i suoi sforzi essendo eletto Presidente della Repubblica italiana.
In qualità di presidente fu capace di farsi amare da tutti, tanto che a distanza di anni ancora ci si ricorda di Pertini come del presidente più amato. Seppe sempre intervenire nel modo giusto, parlando al cuore della gente, e seppe esprimere le sue idee sempre con compostezza e lucidità. Ne è un esempio l’intervista in cui fu chiamato a esprimere le sue idee politiche e in cui dichiarò: “Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro,che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...]”. Ancora più significative le sue parole sul fascismo:” Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica [...] il fascismo è l'antitesi di tutte le fedi politiche [...], perché opprime le fedi altrui”.
Sandro Pertini seppe anche parlare direttamente ai giovani dando loro un punto di riferimento e seppe farsi amare da tutti tanto che mai nessuno mise in dubbio la liceità della carica da lui rivestita.
Ateo, nel suo studio teneva sempre un crocifisso perché gli piaceva l’idea che Gesù fosse stato un uomo capace di farsi uccidere per perorare le proprie convinzioni.
Morì sereno all’età di 93 anni nella Roma che da giovane aveva contribuito a liberare, oggi nel 2010 ci manca ancora, e tanto.
domenica 21 febbraio 2010
Renzo Bossi candidato? I Giovani padani si ribellano
La notizia è singolare: Marco Pinti, ex giovane consigliere provinciale del Movimento dei giovani padani di Varese, avrebbe indirizzato una lettera alla stampa locale per contestare la candidatura del noto figlio di Umberto Bossi (Renzo) alle imminenti elezioni Regionali.
"Se il caso non ti avesse voluto erede primogenito del fondatore dell'ultimo movimento di massa della storia politica italiana, oggi sfrecceresti con il volvone per la superstrada del lago a caccia di promesse spose fino a tarda notte": queste le pesantissime parole di Marco Pinti, il quale non ha badato a fare giri di parole per dire quello che pensava. Nella lettera dell'ex consigliere deluso anche stoccate alla dirigenza della Lega Nord, accusata di essersi fatta da parte in modo un po' troppo remissivo di fronte alla candidatura di Renzo Bossi.
Il nuovo consigliere (Marco Pinti ha ricoperto tale carica fino a qualche mese fa), tale Andrea Tomasini, ha subito pensato bene di spedire una lettera riparatrice alla stampa ben sottolineando la propria totale adesione alla candidatura del figlio del Senatur. Nel frattempo Pinti ha dovuto precisare che la sua uscita era unicamente uno sfogo a titolo personale che non avrebbe nulla a che fare con la posizione della giovanile padana.
Non c'è che dire, se non altro questa vicenda mostra che anche all'interno di un partito emergente come la Lega Nord non esiste un vero e proprio idillio, e che anche delle candidature ad effetto come quella di Renzo Bossi possono trovare degli oppositori anche laddove a Pontida non se lo sarebbero aspettato.
Daniele Cardetta
mercoledì 17 febbraio 2010
Scontri in Valle, la polizia carica. Tratto da www.Nuovasocietà.it
Duri scontri in Valle di Susa, tra manifestanti e le forze dell'ordine dove sono proseguiti i sondaggi per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, la Tav.
Alcuni No Tav hanno bloccato l'autostrada A32 Torino-Bardonecchia, all'altezza di Chianocco, dove stava transitando la trivella utilizzata per il carotaggio di Coldimosso.
Il camion che trasporta il macchinario è stato circondato.
Sono gravi le condizioni di uno dei manifestanti feriti nei tafferugli di questa sera con le forze dell'ordine. Soccorso dal personale medico della polizia presente sul posto, che lo hanno poi affidato ai sanitari della Croce Rossa, è stato trasportato al pronto soccorso dell'ospedale di Susa. L'uomo è ferito alla testa ed è stato sottoposto a una tac. Non gravi le condizioni di una donna, che era tra i manifestanti, e che ha riportato negli scontri traumi multipli alla testa e al naso. Feriti anche due poliziotti, colpiti dalle pietre lanciate contro di loro dai manifestanti.
«Questa sera è avvenuto un selvaggio e vergognoso pestaggio da parte delle forze dell'ordine ai danni del movimento No Tav della Val di Susa». Lo sostiene il portavoce nazionale della Federazione della sinistra, Paolo Ferrero. «In seguito al pestaggio di polizia sono state ferite diverse persone, finite per questo in ospedale», continua Ferrero. «Il loro unico torto - afferma - era difendere la loro valle dall'ennesima grande opera che tra qualche anno scopriremo essere fatta solo per distribuire profitti e tangenti». Secondo il portavoce della Federazione della sinistra, «è indegna di un paese civile la militarizzazione della Val di Susa che il governo sta mettendo in atto, come si vede anche da quest'ultimo episodio. Se c'è in parlamento qualche esponente sinceramente democratico - conclude - faccia un'interrogazione urgente al ministro degli interni Maroni».
martedì 16 febbraio 2010
Il fondo del barile
Si è raschiato il fondo del barile."Che novità!", esclamerà qualcuno, e in effetti forse avrebbe anche ragione vista la sequela di episodi grotteschi che stanno capitando in Italia negli ultimi tempi. Solo che questa volta si è passato il segno.
Tale Luigi Celori, candidato del PDL nel consiglio regionale del Lazio, ha pensato infatti di regalare ai militanti decine di copie del "Calendario storico 2010-LXXXVII", un regalo da intenditori che non rinnegano una virgola del fascismo.
Insomma se il buongiorno si vede dal mattino, con Renata Polverini nel Lazio hanno poco da stare tranquilli. Dal conto suo la Polverini, chiamata giustamente in causa per il fatto di pessimo gusto, ha relegato la vicenda a un episodio di "folclore". Definire "folclore" quella che sembrerebbe a tutti gli effetti apologia e diffusione di materiale fascista ci lascia, ahimè, ancora più interdetti.
Ecuador, gli indigeni dell'Amazzonia presentano il conto al gigante Chevron . Di Luigi Nervo; tratto da www.Nuovasocietà.it
La distruzione di un angolo della foresta pluviale amazzonica grande quasi quanto l'intera provincia di Torino, migliaia di morti per cancro, fiumi neri che scorrono in quello che era un ambiente incontaminato, pozze di petrolio che bruciano all'aria aperta, una tribù estinta: è questo il conto dei danni causati in Ecuador dalla Texaco, azienda petrolifera acquisita dalla californiana Chevron. Si tratta di uno scempio 30 volte più grande di quello causato nel 1989 dall'incidente in Alaska della petroliera Exxon Valdez.
La Texaco-Chevron ha operato nella zona del Lago Agrio, situata nel nord dell'Ecuador, dal 1967 al 1972. In questi anni ha versato nei corsi d'acqua della regione, ora chiamata "la Chernobyl amazzonica", 18 miliardi di galloni di rifiuti tossici, disperso nell'ambiente altri 17 milioni di galloni di olio attraverso i guasti nei tubi, abbandonato più di 900 pozze all'aria aperta contenenti gli oli esausti e incendiato milioni di metri cubi di gas velenosi senza alcun controllo. Con questi comportamenti, oltre a violare le leggi americane e ecuadoriane, ha ammazzato almeno 1041 persone colpite da tumore. Nell'area sette tribù indigene vivevano a stretto contatto con l'ambiente circostante, utilizzavano i fiumi per pescare, bere e lavarsi. Sono state proprio queste popolazioni a venire colpite dalla morte e dalla malattia: per cercare di sopravvivere hanno dovuto cambiare le abitudini e lo stile di vita che venivano tramandati da secoli. Una di queste tribù, i Tetete, è addirittura scomparsa, cancellata dall'ondata nera che ha invaso il suo territorio.
Nel 1993, le popolazioni indigene, oppresse da questa marea nera, hanno portato la Texaco-Chevron di fronte alla corte federale di New York, chiedendo il pagamento di 27 miliardi di dollari necessari per riparare i danni causati. Dalla loro parte avevano il rapporto Cabrera, un dettagliato resoconto, stilato da un pool di scienziati indipendenti, sui crimini commessi dalla compagnia petrolifera, ma non è bastato per ottenere giustizia e la compagnia petrolifera è stata assolta dalla giurisdizione americana che ha passato il caso a quella ecuadoriana. È a questo punto che la Chevron ha iniziato una gigantesca e costosa campagna stampa di disinformazione grazie ad agenzie specializzate: per convincere l'opinione pubblica della sua presunta estraneità, ha riempito i giornali locali di annunci falsi e ingannevoli che attaccavano persino la compagnia di bandiera PetroEcuador. Il rapporto Cabrera e gli appelli di numerose organizzazioni locali hanno però messo alle strette il potente avversario che ha quindi deciso di rivolgersi verso un fronte più malleabile, quello degli Stati Uniti, con forti pressioni sul Congresso affinché, come atto di intimidazione verso il governo ecuadoriano, revocasse la concessione dei benefici economici verso il paese sudamericano. Infine, l'amministrazione Obama ha dato un duro colpo alle pretese della Chevron con la stipula degli accordi commerciali e ora tutto lascia pensare che la compagnia californiana dovrà pagare i 27 miliardi per risarcire i danni. "Ci opporremo a questa decisione fino a quando l'inferno non gelerà, e anche allora combatteremo sul ghiaccio" avevano dichiarato i dirigenti, ma da gennaio è John Watson il nuovo presidente e l'associazione Amazon Watch gli ha inviato un appello chiedendo di non creare un precedente.
Nel frattempo, la Chevron, già al centro di controversie legate all'inquinamento in Angola, in Nigeria e in California, nonché accusata per la violazione del Clean Air Act, ha trovato un nuovo terreno di conquista, il Venezuela. La compagnia petrolifera ha messo le mani sull'appalto per uno dei due progetti destinati allo sfruttamento delle riserve petrolifere nella Faja del Orinoco. Mentre le popolazioni amazzoniche dell'Ecuador non potranno più riavere indietro le loro vite, i criminali del petrolio continueranno a trivellare.
lunedì 15 febbraio 2010
Afghanistan: Gli Usa tentano l'offensiva finale
Sta arrivando nella fase finale l'offensiva lanciata dalle forze alleate nella regione di Marjah contro i talebani. La maggior parte della regione sarebbe ora sotto il controllo degli alleati. i talebani avrebero abbandonato la zona ma solo dopo aver lasciato dietro di sè un gran numero di ordigni esplosivi che potrebbero rallentare non poco l'avanzata degli alleati.
Cinque civili intanto sono morti per errore nel corso di una operazione militare della NATO nell'Afghanistan meridionale; le forze americane infatti avrebbero scambiato cinque uomini per ribelli intenti a trafficare con degli ordigni e avrebbero quindi agito di conseguenza uccidendoli tutti.
Nato ed esercito afgano dunque continuano nella loro operazione congiunta che solo nella giornata del 14 febbraio avrebbe comportato la morte di 12 civili tra cui ben 5 bambini.
I talebani hanno cercato di resistere all'avanzata alleata causando alcuni scontri a fuoco, ma gli alleati sarebbero comunque riusciti a conseguire i loro oviettivi strategici.
Emergency intanto polemizza riguardo all'uccisione di civili nei giorni scorsi denunziando gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra perchè avrebbero trovato significative difficoltà nel trasportare i feriti agli ospedali.
Sciopero generale cgil 12 marzo
Approvato all'unanimità l'ordine del giorno del direttivo Cgil per indire lo sciopero generale in data 12 marzo. L'ordine del giorno è stato proposto proprio da Guglielmo Epifani, il quale ha annunciato che impegna tutta l'organizzazione a muoversi coerentemente con lo spirito congressuale nel costruire lo sciopero generale in vista del 12 marzo.
Lo sciopero generale è stato proclamato per una durata di quattro ore, anche se non si esclude che per specifiche categorie o sulla base di peculiarità territoriali la durata possa essere differente.
La prima richiesta che la Cgil vuole fare al governo tramite questo sciopero è il blocco dei licenziamenti, richiesta che viene fatta non solo al governo ma anche a Confindustria e a tutte le imprese.
Si tenterà anche di richiedere il raddoppio dell'indennità di disoccupazione, di sostenere il reddito e prevedere ammortizzatori per i precari, estendere i contratti di solidarietà e infine di prevedere corsi di formazione durante il periodo di cassa integrazione al fine di aiutare i lavoratori a reinserirsi nel mondo del lavoro.
La Cgil ha elaborato anche un'analisi sociale e politica della situazione attuale in Italia e ha individuato i punti focali su cui lavorare nell'affrontare le vertenze, impedire la chiusura delle aziende, definire strumenti di politica industriale e infine avviare subito un piano per il Mezzogiorno. Lo sciopero però non vuole essere semplicemente un' adunata di critica alle attuali disastrose manovre del governo, ma vuole anche portare all'ordine del giorno quelle soluzioni che la Cgil ritiene possibili per uscire dalle secche della crisi economica. Queste proposte sono: il rilancio della lotta alla evasione fiscale; tassare come in Europa le rendite finanziarie, i grandi patrimoni e le stock option; abbassare la prima aliquota del 20%; unificare le detrazioni per i carichi familiari.
Vi saranno anche rivendicazioni per quanto riguarda il sociale con la richiesta di regolarizzazione per i migranti che lavorano, la richiesta di sospensione della Bossi-Fini per i migranti in cerca di rioccupazione, di abolire il reato di clandestinità, e infine di estendere l'art.18 del Testo Unico sull'immigrazione con l'obiettivo di equiparare il reato di caporalato a quello di tratta di esseri umani.
Il primo obiettivo dello sciopero generale sarà dunque la richiesta al governo di approntare valide manovre per controbattere la crisi economica che sta colpendo duramente i lavoratori italiani. Epifani infatti ha chiamato anche le aziende a prendersi le proprie responsabilità affinchè "non usino questa crisi come pretesto per licenziare e abusare della mobilità".
Secondo obiettivo dichiarato quello di andare a intervenire sulla politica fiscale, perché sempre citando Epifani: "è necessario intervenire subito perché il carico fiscale pesa in modo ormai intollerabile prevalentemente sul lavoro dipendente e sulle pensioni e se non si cambia rotta, per effetto del drenaggio fiscale a fine legislatura il lavoro dipendente registrerà un aumento di tre punti del prelievo"
domenica 14 febbraio 2010
"Io non ridevo"
In centinaia sono scesi in piazza a l'Aquila per manifestare la propria rabbia in merito agli ultimi fatti di cronaca che hanno visto Bertolaso e la Protezione Civile nell'occhio del ciclone.Cartelloni con su scritto "Io non ridevo" (con una chiara allusione alle intercettazioni uscite su stampa e televisione negli ultimi tempi) sono stati esibiti dai manifestanti che hanno poi forzato alcuni posti di blocco senza però provocare una reazione da parte delle forze dell'ordine.
I cittadini abruzzesi sono dunque ben decisi a dimostrare il proprio sdegno dei confronti di una vicenda davvero brutta che rischia di avere strascichi anche nei prossimi giorni
sabato 13 febbraio 2010
Aveva 28 anni Emanuele, ragazzo trovato impiccato la mattina del 12 febbraio in un magazzino nella cittadina nel torinese di Vinovo. Ha scelto di uccidersi proprio lì, nei magazzini della sua cooperativa,
Emanuele lascia un fratello e la madre, era benvoluto da tutti i colleghi e per lui il lavoro rappresentava quasi una seconda casa, probabile dunque che il malessere sul posto del lavoro lo abbia spinto alla tragica decisione. Infatti a inizio anno ci fu un amara sorpresa per Emanuele,
Da quel punto in avanti il rischio per Emanuele della cassa integrazione si era fatto sempre più concreto, così come l’angoscia di rischiare di rimanere senza lavoro vista la forte crisi che sta colpendo il torinese e il Piemonte.
Negli ultimi tempi Emanuele era sempre più depresso anche se nessuno dei suoi colleghi avrebbe potuto immaginare una fine così tragica alla vicenda. Di lavoro dunque si può morire, e non solo per incidenti sul posto di lavoro ma anche di depressione. La speranza è che la vicenda del povero Emanuele serva a fare riflettere perché purtroppo di ragazzi nelle sue condizioni che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro ce ne sono troppi.
venerdì 12 febbraio 2010
Berlusconi: sbarchi? solo belle ragazze
Silvio Berlusconi si reca a Tirana per firmare con il suo omologo Berisha un accordo di partnership internazionale. Non manca però di uscirsene con una delle sue boutade che tanto lo hanno reso noto tanto in Italia quanto all'estero. Quando infatti la discussione va a parare sugli sbarchi provenienti dalle coste albanesi Berlusconi se ne esce con un ''per chi porta le belle ragazze possiamo fare un'eccezione'', Non c'è che dire, l'immagine dell'Italia ne uscirà senza dubbio rafforzata.
Ma Berlusconi ha parlato tra una battuta e l'altra anche di cose serie:"L'Italia è molto interessata alla possibilità di progetti di centrali nucleari in Albania. L'Albania ha un programma ambizioso per diventare un centro di produzione di energia. Berisha mi ha illustrato tutta una serie di progetti che riguardano sia le energie tradizionali, sia la rigassificazione di gas liquido, le centrali termoelettriche e la possibilità anche di centrali nucleari. L'Italia è molto interessata", ha riferito il premier.
Si avvicina il congresso della CGIL
Dal 5 all'8 maggio a Rimini si terrà il sedicesimo congresso della CGIL.
La carne sul fuoco è molta e la situazione politica non è tale da permettere attese e inutili sprechi di tempo prezioso. Questo sedicesimo congresso al contrario si presenta come uno dei più importanti anche perché dal suo svolgimento dovranno emergere le direttive per il futuro di quello che resta nonostante tutto il primo sindacato italiano per numero di iscritti.
Si vota intanto in ogni posto di lavoro per il rinnovo di ogni organo dirigente a tutti i livelli e ci si accinge alla vibrante discussione inerente due differenti mozioni. La prima mozione: "I diritti e il lavoro oltre la crisi", di maggioranza, è quella perorata da Epifani e dalla segreteria sindacale, e in Piemonte fa capo a Donata Centa; la seconda mozione: "Per la Cgil che vogliamo" di minoranza è invece caldeggiata dalla FIOM e dalla Funzione pubblica.
La seconda mozione vede come primo firmatario il segretario dei bancari Domenico Moccia, il segretario confederale Nicoletta Rocchi, il leader della FIOM Gianni Rinaldini e della Funzione Pubblica Carlo Podda. Tale mozione si prepone l'istituzione delle primarie nel mondo sindacale e ritiene esiziale l'aumento delle pensioni più basse insieme al riportare al centro dell'agone politico la centralità del lavoro indeterminato a discapito della precarietà.
Indipendentemente dal contenuto specifico delle mozioni si arriva a questo congresso dopo un 2009 di lungo lavoro di CGIL CISL e UIL con Confindustria e con la mediazione del governo per superare le regole del contratto del lavoro. A luglio la nuova proposta delle regole per i nuovi contratti di lavoro non è stato firmata dalla CGIL e ciò ha comportato una serie di gravi problemi perché CISL e UIL fanno riferimento al nuovo contratto, mentre la CGIL continua a fare riferimento al vecchio.
Quali sono i motivi che hanno portato la CGIL a non firmare il nuovo accordo? Innanzitutto ogni 2 anni si discute per aumentare le paghe minime dei lavoratori; secondo il vecchio modello si ha un tasso di inflazione programmata con ogni punto di inflazione che corrisponde a un aumento di 18 euro. Secondo il nuovo modello invece al tasso di inflazione programmata va sottratto quello dell'inflazione importata e poi a ogni punto corrisponderanno 15 euro e non più 18. Ma la caratteristica peculiare del nuovo modello è che è abolita la contrattazione e soprattutto che la contrattazione aziendale può abbassare i minimi stabiliti del contratto nazionale. Ciò che scaturisce dall'applicazione del nuovo modello inoltre è una cura del lavoratore "prima" e "dopo" l'impiego e non "durante". Come si vede la carne al fuoco è tanta e le due mozioni si dividono proprio sull'aderire o meno al nuovo modello: mentre la mozione di maggioranza infatti studia un modo per rientrare nel nuovo modello, la seconda mozione al contrario rifiuta nettamente tale possibilità e chiede ai suoi aderenti di tenere duro per spostare il baricentro dell'organizzazione sindacale sulle proprie posizioni.
Chiaramente per la CGIL rimanere fuori dal modello nazionale è delicatissimo perché potrebbe significare uno svuotamento delle prerogative sindacali considerato anche che come abbiamo ricordato la CGIL conta circa 5 milioni di iscritti ed è ancora il primo sindacato come numero di iscritti in Italia.
Che esista una divisione all'interno della CGIL del resto ne è convinto Giorgio Cremaschi, esponente della sinistra radicale contro Epifani, il quale in vista del congresso di maggio in un intervista rilasciata su LEFT a Manuele Bonaccorsi ha dichiarato: "Uniti solo a parole. Tra noi c'è chi vuole accettare il nuovo modello contrattuale.... Siamo completamente allo sbando. Nei fatti ci sono due Cgil, con due pratiche opposte: i lavoratori pubblici, la scuola, i metalmeccanici subiscono la logica degli accordi separati. Mentre altre categorie, i chimici e gli alimentaristi, firmano accordi in applicazione del nuovo modello contrattuale. La Cgil è unita solo a parole". Cremaschi ha inoltre addossato le responsabilità per il clima di tensione all'interno della CGIL proprio alla maggioranza, colpevole a suo dire non riconoscere i diritti della minoranza di esprimere la propria contrarietà in merito alle proposte di Epifani.
Per il bene dei lavoratori e degli iscritti si spera che al più presto venga trovata una quadra capace di compattare il sindacato e di rilanciarlo su scala nazionale per tutelare i lavoratori in un periodo in cui ne hanno veramente un disperato bisogno.
giovedì 11 febbraio 2010
Bertolaso nell'occhio del ciclone
Arrestato Diego Anemone, imprenditore romano presunto corruttore del sottosegretario Guido Bertolaso nel contesto degli appalti di grandi opere tra cui anche il g8 della Maddalena.
Sesso e soldi alla base di uno scandalo che vede implicato lo stesso Bertolaso sulla base di alcune intercettazioni.
La Protezione civile è nel caos in questa ennesima storiaccia tutta italiana di corruzione, malaffare, escort, e toni scherzosi. L'avvocato di Bertolaso, Filippo Dinacci, ha commentato laconicamente:"siamo in presenza di un grande equivoco che sarà quanto prima chiarito".
Si attendono dunque nuovi risvolti per quello che potrebbe essere un colpo molto pesante all'immagine dei soggetti in causa; non si esclude che quello scoperto possa solo essere la punta di un iceberg molto più grosso. Staremo a vedere
Grecia in ginocchio per gli scioperi, lacrimogeni sui manifestanti.
La Grecia è in ginocchio. Il paese ellenico, duramente colpito dalla crisi economica, assiste in queste ore a uno sciopero di protesta generale che blocca anche il traffico aereo.
La disoccupazione alle stelle e le gravissime difficoltà che il governo greco sta incontrando nel cercare di uscire dalla crisi hanno gettato benzina sul fuoco rendendo molto grave la situazione nel paese. Ad Atene circa 7000 persone hanno deciso di sfilare per le strade per manifestare la propria contrarietà alle manovre di austerity promosse dal governo socialista al potere. Va detto che la situazione economica ereditata da Papandreou nell’ottobre 2009 non erano delle migliori, e con il passare dei mesi è anche peggiorata con una crisi del debito che sta ora mettendo sull’attenti anche Bruxelles indebolendo notevolmente l’euro.
Lo sciopero indetto è stato capillare e coinvolge ministeri, uffici pubblici e anche le scuole, ed è una dimostrazione lampante di come i greci vogliano manifestare un segnale forte al governo. Le indicazioni provenienti da Bruxelles invece vanno in direzione contraria dato che il governo di Papandreou sarà chiamato a tagliare notevolmente i salari ed ad aumentare le tasse per far rientrare la crisi economica.
I sindacati greci, Adedy e il comunista Pame, dunque si preparano alla lotta dura, anche perché la disperazione e la mancanza completa di fiducia nel futuro si sta lentamente impadronendo di una fetta sempre più ampia di cittadini greci.
Nel corso della manifestazione svoltasi nel centro di Atene intanto la polizia ha dovuto utilizzare i lacrimogeni per disperdere decine di camionisti che hanno cercato di rompere i cordoni di sicurezza a bordo dei loro mezzi. La situazione dovrebbe normalizzarsi al termine dello sciopero anche se alla luce dei provvedimenti di austerità presi dal governo la situazione sociale resta infiammabile e quindi occorrerà monitorare con attenzione le vicende del vicino paese ellenico. Sarà interessante anche vedere come il PASOK, il partito socialista guidato da Papandreou, riuscirà a relazionarsi con l’opinione pubblica dopo lo sciopero generale, e se quindi riuscirà a tenere ancora in mano la situazione.