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martedì 11 gennaio 2011

Fiat: O la Borsa o la Vita RICATTI DA XXI SECOLO

Siamo arrivati al punto di non ritorno. In un paese alla deriva dove la democrazia è in pericolo e dove ormai le istituzioni sono completamente allo sbando, arriva all'ordine del giorno il vitale nodo della Fiat Mirafiori, il braccio di ferro tra Marchionne e la Fiom che sta tenendo con il fiato sospeso migliaia di lavoratori.
I lavoratori di Mirafiori non sono felici, si rendono conto della situazione esiziale che si sta configurando davanti a loro nel futuro immediato, si rendono conto anche che votare eventualmente "si" al referendum non sarebbe affatto una assicurazione sul loro futuro lavorativo e su quello della FIAT.
Marchionne con le sue affermazioni sta cercando di scaricare sulla FIOM tutto il peso di scelte che probabilmente sono a lungo termine inevitabili, e soprattutto non fa assolutamente niente per cercare di mostrarsi con un volto diverso da quello che sta cercando di conculcare dei diritti che sono stati guadagnati col sudore e il sangue di lotte ora sbiadite, e che nessuno riesce più a ricordare. Ancor più che il discorso tirato in ballo da Marchionne non riguarda solamente la questione FIAT, ma si estende giocoforza ad abbracciare tutto l'ambito della contrattazione sul posto di lavoro, e quindi tutti i rapporti tra lavoratori e aziende nel nostro paese. Ammettiamo per un attimo la buonafede di Marchionne, cosa cui io personalmente non credo, siamo davvero certi che votare "si" in massa al suo referendum/ricatto non possa creare un mostruoso precedente capace di ricacciare indietro i diritti dei lavoratori a decenni fa? Il rischio a ben guardare è troppo alto, ancor più che gli operai italiani guadagnano molto meno di quasi tutti i loro omologhi europei, e che il nostro paese non mostra alcun tipo di possibilità di ripresa industriale, nonostante quello che viene dichiarato da Tremonti e soci.
Ma torniamo al discorso FIAT e analizziamo nel dettaglio quello che è a tutti gli effetti inaccettabile nel discorso di Marchionne: la minaccia. "Se non fate come diciamo noi, noi ce ne andiamo". Qualcuno obietterà che è pienamente legittimo che un datore di lavoro, qualora vedesse i propri profitti messi a repentaglio, possa decidere per tutelarli di andarsene. Ebbene la FIAT però non mi risulta essere una semplice azienda monofamiliare di qualche imprenditore di provincia, è un azienda che nel bene e nel male ha fatto la storia di questo paese. Migliaia di operai italiani hanno sudato nelle catene di montaggio della FIAT, migliaia di italiani hanno comperato macchine della FIAT, ma ora, se nessuno compra un numero sufficiente di automobili FIAt come mai devono essere proprio gli stessi italiani a pagare?
Se qualsiasi azienda per aumentare i profitti minacciasse i propri lavoratori di accettare condizioni di lavoro più massacranti e stipendi più bassi pena la chiusura e l'allontanamento degli stabilimenti,ci troveremmo di fronte a una macelleria sociale che sarebbe da anticamera a una guerra tra poveri, già ahimè realtà in alcune parti d'Europa.
Un paese serio interverrebbe nel vuoto lasciato dai sindacati,incapaci di proteggere i lavoratori (FIOM esclusa ovviamente), e cercherebbe di mediare e trovare un accordo che però non ricatti i lavoratori e non cerchi di metterli di fronte al tremendo e antimoderno ricatto de " O la borsa o la vita". La realtà, amarissima e pericolosa, è che i poteri forti stanno cercando di utilizzare MArchionne come ariete, al fine di scaridnare quello che resta delle tutele lavorative. Una volta crollata quella diga, potrà passare tutto, e allora nulla potrà più salvare i nostri lavoratori, i nostri giovani, i nostri ragazzi, dalla guerra del povero contro il povero, tutti uguali contro la miseria

Daniele Cardetta

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