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sabato 21 maggio 2011

La rinascita è possibile.




Questo 2011 è cominciato in modo molto particolare, tanto da lasciar pensare che la storia sia cominciata nuovamente a scorrere dopo un periodo più o meno lungo di appiattimento e di congelamento dello status quo a livello mondiale. Certo sarebbe oltremodo superficiale sottostimare i cambiamenti dirimenti che hanno interessato il mondo nel trapasso tra il XX e il XXI secolo, tuttavia nel gennaio/febbraio del 2011 abbiamo assistito a una vera e propria accellerazione della storia, come se avesse voluto in pochi mesi recuperare il tempo perso. Abbiamo assisitito alle rivolte di Tunisia ed Egitto, ai rivolgimenti in Libia che hanno scatenato l'ennesima guerra imperialista della Nato tesa all'accaparramento di risorse energetiche, abbiamo assistito ai massacri ordinati dalle autorità siriane per soffocare nel sangue le rivolte contro il regime. Tutti questi avvenimenti, se messi insieme e analizzati dall'esterno, ci parlano di un enorme cambiamento rivoluzionario avvenuto nel mondo, un cambiamento che avviene parallelamente e forse anche consecutivamente al declino inesorabile del cosiddetto Primo Mondo, del capitalismo così come lo abbiamo conosciuto. I giovani tunisini, egiziani, libici, sono scesi nelle piazze perchè per la prima volta si sono trovati non solo in un presente senza prospettive, ma anche a vivere senza alcuna speranza nel futuro, il quale anzi si configurava come un possibile peggioramento delle già grame condizioni di vita attuali. Pensateci bene, anche in Italia la generazione dei giovani attuali per la prima volta nella storia del nostro paese si trova a subire un peggioramento del proprio tenore di vita, e si trova soprattutto a guardare al futuro con allarmismo, e non con speranza.
In tutto ciò come non considerare da vicino anche l'influsso, troppe volte sottovalutato, dell'Unione Europea, la quale de facto limita la sovranità di ogni singolo paese europeo mettendo dei paletti soprattutto per quanto riguarda la politica economica che mettono la museruola a ogni possibile cambiamento sociale o a ogni esperimento alternativo. Il capitalismo non solo si è affermato ma è anche riuscito a costruire quelli che chiameremo dei veri e propri sistemi di salvataggio in modo da consentire alla macchina di funzionare anche quando le sue strutture vengono intaccate da rivolgimenti terrificanti.
Non è causale che il capitalismo, nel suo momento più cupo, non trovi innanzi a sè nessun sistema alternativo che sia pronto non solo a criticarlo ma anche a promuovere un sistema che possa sostituirlo; proprio per questo forse negli ultimi 20 anni si è lavorato in tutto il mondo per affossare ogni idea relativa al comunismo, al socialismo, all'interpretazione marxista delle dinamiche sociali ed economiche. Ma credo che oggi, alla luce di quanto sta accadendo, possiamo affermare orgogliosamente che "i Re sono nudi", e soprattutto che la nostra analisi, i nostri criteri interpretativi, le nostre teorie, sono corrette. Per questo credo che non solo sia necessario abbandonare ogni remora, ma che sia anche doveroso tornare a proporsi all'interno del contesto sociale come dei veri e propri poli aggregativi alternativi allo status quo e al sistema di cose vigente. Abbiamo attraversato una lunga fase di sbandamento, in cui, possiamo anche ammetterlo, per qualche istante siamo anche arrivati a considerare che, tutto sommato, visto il nostro crollo forse i nostre avversari non avessero tutti i torti. Abbiamo pensato, per qualche anno, che fosse finita l'epoca dei comunisti, forse senza accorgercene, senza crederci, senza essere d'accordo, ma un pò tutti credo ci abbiamo pensato. Ecco credo che sia arrivato finalmente il tempo di ribadire di fronte a tutti che no, il tempo dei comunisti non è passato, e non passerà mai finchè le contraddizioni di questo sistema economico continueranno a creare miseria, disperazione e sfruttamento.
Ma se un gruppo di persone ritene di avere ragione nella sua analisi, e per un motivo o per l'altro non riesce a convincere nessuno riguardo alle sue posizioni, è evidente che esiste un problema alla base; un problema che probabilmente riguarda la comunicazione con cui tali gruppi cercano di rendere note le proprie posizioni. Chiaramente dopo 20 anni di reazione contro le idee socialiste e comuniste in tutto il mondo, e dopo il crollo del socialismo reale, la società è stata ampiamente indottrinata riguardo allo scetticismo nei confronti dei gruppi succitati che cercano di propagandare un sistema alternativo a quello vigente. Occorre dunque inq uesta fase avere molta umiltà, occorre capire che il rilancio di una prospettiva comunista nella società contemporanea deve partire dalla condivisione di temi e modalità di aggregazione all'interno della società civile. La società civile va per certi versi rieducata a masticare i temi propri della nostra identità, poichè li ha ormai dimenticati o relegati nell'insieme delle cose vecchie e inutili. Se riusciremo a resistere, nonostante l'immane attacco che le nostre idee hanno subito nel corso degli ultimi 20 anni, riusciremo sicuramente a imbastire una reazione degna di questo nome, tanto più efficace quanto saranno grandi le contraddizioni provocate dal sistema capitalistico in fase avanzata. I giovani arabi tunisini, egiziani e libici ci hanno dimostrato che dopo che una certa soglia viene raggiunta, il mettersi in gioco nelle piazze costi quello che costi avviene quasi automaticamente, senza cioè che sia stato preparato in alcun modo, come avvenisse per saturazione ed esplosione del tappo di una bottiglia ormai incapace di tenere a bada il contenuto. I giovani spagnoli con il movimento degli "indignati" ci mostrano che anche in un paese occidentale e all'interno dell'Ue è possibile lavorare soprattutto tra i ragazzi, per organizzare il dissenso e mettere in discussione l'organizzazione sociale impostaci. Per questo ritengo che anche in Italia sia necessario iniziare un discorso di questo tipo, cercando di saldare le rivendicazioni settoriali (studenti, operai) in vista di un fine più ampio che deve essere la proposta di un modello economico e sociale alternativo. Sarà difficile, ma possiamo farcela.

di Daniele Cardetta

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